La sera prima erano uscite insieme per passare il sabato sera l’una con l’altra così come era loro consuetudine. Non amavano stare in mezzo a toppa gente,preferivano stare solo loro due. Dopo aver camminato un po’guardando le vetrine illuminate dei negozi ormai chiusi si erano avvicinate a un bar per bere qualcosa. Dentro era troppo affollato quindi decisero di accomodarsi ai tavolini ,poco affollati, collocati di fronte all’entrata. Il tempo era ideale per passare la serata fuori anche se era appena iniziato Aprile e loro non erano vestite nel modo più adatto per quel periodo dell’anno. Erano vestite pressappoco allo stesso modo. Indossavano entrambe dei jeans e maglie a maniche corte nere e una di loro portava,legato attorno alla vita,un giubbotto,anch’esso di jeans. Non bevevano mai birre o alcolici quindi decisero di sorseggiare una coca cola. Iniziarono così a ridere e scherzare finché non arrivò quel momento. Un sibilo. Poi un botto. Poi niente più.
Si era svegliata nel soffice letto di un ospedale. Si era guardata intorno,osservando le bianche pareti della stanza,e il suo pensiero fu subito uno solo. Non voleva dar retta a ciò che stava pensando. Era sicura che non sarebbe potuto succedere niente di male la sera precedente. Era mattina infatti e la luce del sole entrava debolmente dalla finestra i cui vetri erano stati rovinati dal tempo. Sua madre era seduta vicino al letto mentre i medici che si erano presi cura di lei durante la notte stavano in piedi vicino alla vecchia finestra. Avevano tutti una faccia preoccupata,chi più chi meno. I medici sono abituati a parlare con i pazienti,anche per dargli brutte notizie,ma per loro era più difficile parlare con un’adolescente. Non erano abituati e soprattutto sapevano che non sarebbe stato facile. Nessuno dei presenti sapeva quindi come dirlo ma non c’era bisogno. Aveva già capito tutto. Si era seduta sulle candide lenzuola con le mani nei suoi biondi capelli corti. Solo dopo aver sollevato la testa dal cuscino si accorse di avere la testa fasciata probabilmente per aver urtato la testa da qualche parte. Non le faceva male per la botta ma per quello che aveva e stava continuando a pensare e di cui aveva avuto conferma dai visi preoccupati della gente che la circondava. Sua madre stava per dire qualcosa ma vedendo la figlia che si alzava,con un po’ di difficoltà, decise di restare in silenzio. Andò a prendere i jeans,che si erano stranamente strappati durante la notte,e la maglia nera che indossava la sera precedente. Ci mise poco a vestirsi e come finì decise di allontanarsi da quelle persone che non erano nemmeno state in grado di parlare o di assumere qualche espressione che potesse rassicurarla. Ma perché rassicurarla se la verità era una sola e presto ne sarebbe venuta a conoscenza comunque?
Decise di girovagare qua e là in riva al mare. Non sapeva nemmeno lei dove stesse andando. Voleva solo allontanarsi da tutto e da tutti. Camminò per diverso tempo senza avere una meta precisa. Vedeva gente camminare e sorridere,come se la stessero prendendo in giro,mentre lei continuava a proseguire a testa bassa nel suo percorso non ancora definito. Solo dopo molto si accorse di essere lontana dalla città, dal suo caos e dalle sue luci. Decise in quel momento di fermarsi e sedersi in una parte di spiaggia deserta lontana da qualunque traccia umana. Le voleva bene,era come una sorella per lei e ormai qualunque cosa sembrava essere collegata a lei e non faceva altro che aumentare il suo dolore emotivo. Non si era accorta però che quella spiaggia era dove erano andate insieme,l’estate prima,a passare quasi tutto il mese di luglio e dove spesso rimanevano a dormire cullati dal rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia. Le piaceva molto quel posto e ogni volta che era di cattivo umore si recava lì da sola o con colei che ormai non c’era più a darle conforto.
Una volta si erano promesse di prendere la patente il prima possibile per arrivare a quella spiaggia senza dover per forza prendere quel autobus affollato che tanto odiavano. Ma ormai non voleva più pensare ad alcuna auto. Era stata un’auto infatti che la sera prima le aveva divise in poco più di una frazione di secondo distruggendo quel momento che sembrava speciale. Non si era nemmeno fermata.
E allo stesso modo non si fermava il
dolore per non averla più con sé. Il dolore per aver perso la sua
migliore amica